La storia dell’Asinara
La storia dell’Asinara comincia con poche anime e un centinaio di asinelli bianchi popolano l’Asinara e fanno veglia ai suoi cinquanta chilometri quadrati di terra selvaggia, vantando un isolamento storico che ha permesso all’isola di rimanere negli anni un paradiso incontaminato. Scelta nel 1885, come sede delle Colonie Penali Agricole, istituite per ricevere principalmente condannati ai lavori forzati. Sempre nello stesso anno, per sfuggire alla diffusione del colera, vi venne costruito un lazzaretto (“Stazione Sanitaria Marittima quarantenaria”). Durante la Prima guerra mondiale, fu invece adibita a campo di concentramento per decine di migliaia di militari austro-ungarici, mentre a seguito della guerra d’Etiopia, nel 1937, vi furono deportate diverse centinaia di soldati etiopi e tra di essi anche la figlia dell’imperatore Haile Selassie. Nel corso della Seconda guerra mondiale l’edificio venne utilizzato come tubercolosario e solo nel 1960 iniziò a svolgere la funzione che meglio conosciamo di carcere.
Il Carcere dell’Asinara
Brevissimo è quindi il passaggio da locus amoenus a Isola del Diavolo, come fu definita da alcuni detenuti.
Sull’Asinara sorge quella che fu una delle carceri di massima sicurezza più dure di sempre, diremmo paragonabile ad Alcatraz, per le condizioni disumane in cui versavano i prigionieri e soprattutto per l’alto livello di inespugnabilità della struttura, dotata di rigidi sistemi di controllo. Nonostante la vicinanza alla costa sarda desse l’idea che scappare a nuoto fosse una soluzione perseguibile per la fuga, le correnti che impetuose si scatenano da quelle parti rendevano difficilissimo allontanarsi dall’isola. Matteo Boe, bandito sardo di Lula, fu l’unico che riuscì a sfidare le guardie evadendo dalla fortezza e a fuggire a bordo di un gommone con l’aiuto della moglie, rimanendo poi latitante per sei lunghi anni.
La svolta
La vera e propria svolta della storia dell’Asinara arrivò negli anni Settanta, quando l’isola iniziò a ospitare alcuni tra i più temibili galeotti del nostro Paese. Tutto ebbe inizio con lo sbarco dei primi trentatré presunti mafiosi e con l’emissione di un nuovo ordinamento carcerario che, per salvaguardare motivi di ordine e sicurezza, stabiliva un trattamento speciale per i detenuti di particolare pericolosità: in queste circostanze venne compreso come l’istituto più adatto a rispondere a tale necessità fosse quello dell’Asinara.
Il supercarcere sardo infatti, negli Anni di Piombo, annoverava tra i suoi ospiti Alberto Franceschini e Renato Curcio, due fondatori delle Brigate Rosse. Con il loro arrivo, si intensificarono le proteste contro il regime carcerario, già iniziate dai boss della mafia qualche anno prima.
L’ex penitenziario si compone di undici distaccamenti, in cui venivano collocati i reclusi in base alla condanna e alla pena da scontare. Ricordiamo tra questi quello di Fornelli, edificato a fine Ottocento, in cui vennero ospitati i detenuti più pericolosi, e quello di Cala d’Oliva, nel cui villaggio trovarono spazio la direzione del complesso, gli alloggi degli impiegati, la chiesa, la scuola e la diramazione centrale. Sempre a Cala d’Oliva, vi era il bunker del “capo dei capi” Salvatore Riina, imprigionato in una stanza illuminata giorno e notte, soprannominata “la discoteca”.
I detenuti erano infatti costretti all’isolamento perenne e a celle piccolissime, ben poco tollerate dai rivoltosi, che avevano l’obiettivo di devastare gli edifici e di chiedere il trasferimento in altri istituti. Con questo intento scoppiarono infatti atti di guerriglia, accompagnati da lacrimogeni e esplosivi, tanto violenti da portare la prigione stessa a rinforzare la propria struttura con ulteriori misure di sicurezza. Il penitenziario, forte della sua invalicabilità, divenne rifugio sicuro nell’estate del 1985 per Paolo Borsellino e Giovanni Falcone in isolamento sull’isola durante la preparazione del Maxiprocesso di Palermo, il più grande procedimento giudiziario della storia italiana.
Il Parco Naturale dell’Asinara
L’isola, dal 1997 è diventata un parco naturale e l’ex carcere, ormai in disuso da anni, si prepara a diventare un albergo diffuso.
La vera essenza dell’isola, nascosta per anni agli occhi dei rinchiusi, si può apprezzare finalmente dal vivo, e non solo tramite qualche scorcio di cielo o spiraglio di luce che attraversa le sbarre. Al di là dei casermoni, le bellezze inestimabili dell’Asinara meritano senza dubbio l’attenzione dei turisti, che visiteranno questo angolo da sogno con una consapevolezza storica di ciò che è stata, un tempo, una parentesi dolorosa della storia d’Italia e della storia dell’Asinara.