i dannati dell'asinara

I dannati dell’Asinara

Conosci la storia de “i dannati dell’Asinara”? 

Questa storia, comincia, molto lontano da questo bellissimo scenario di mare, nello spazio e nel tempo. All’ estremità nord – occidentale della Sardegna, nella località di Campo Perdu.

L’invasione serba e la fuga

È l’autunno del 1915. Gli eserciti austriaco e bulgaro hanno invaso la Serbia e occupato Belgrado. Il re, il governo e quel che resta dell’esercito sconfitto si sono rifugiati a Niš, nel sud del paese, ma i nemici stanno arrivando anche qua. Bisogna fuggire, e nella fuga portare anche i tantissimi prigionieri dell’esercito austro-ungarico che erano stati catturati nelle prime fasi della guerra. Si tratta di almeno 50 mila soldati, che non possono essere liberati perché tornerebbero a combattere. Comincia così una lunga e penosissima marcia attraverso le montagne della Serbia meridionale, del Kosovo e dell’Albania verso la costa dell’Adriatico, dove i serbi contano di poter ricevere l’aiuto degli alleati: francesi, britannici e italiani.

La marcia e l’arrivo a Valona

Si tratta di un esodo spaventoso, una marcia a piedi nella pioggia, nel freddo e nella neve dell’inverno che arriva, senza vestiti né scarpe adeguate. È dura per tutti, ma per i prigionieri è un inferno: quando il grosso dei fuggitivi arriva sulla costa, a nord di Valona, i prigionieri austro-ungarici sono poco più della metà di quelli che erano partiti.

Lo storico Luca Gorgolini in un bel libro in cui racconta la storia dei “dannati dell’Asinara” riporta le testimonianze drammatiche tratte dai rapporti e dalle lettere degli ufficiali del contingente italiano che si trovava in quei giorni a Valona. Gli uomini sembrano scheletri che camminano, i cadaveri sono dovunque e molti presentano mutilazioni che fanno pensare ad episodi di cannibalismo.

La destinazione finale: l’Asinara

I soldati serbi vengono trasferiti a Corfù, ma a quel punto si pone il problema del che fare con i prigionieri. Nel porto di Valona ci sono navi francesi, britanniche e italiane. I francesi vorrebbero imbarcare loro i superstiti, poco più di 24 mila, e portarli in Francia dove, verrebbero messi a lavorare al posto degli uomini chiamati alle armi. Ma gli italiani si impuntano. Dopo un braccio di ferro diplomatico, il 10 dicembre la responsabilità viene riconosciuta all’Italia. E la scelta su dove sistemare i citati prigionieri ricadrà proprio sull’ Asinara dove, oltre alla colonia penale, dal 1885 esistono una colonia militare e un lazzaretto! 

Una decisione del tutto irrazionale, vista la carenza di strutture sull’isola, e subito complicata da uno sviluppo che si sarebbe dovuto prevedere: tra gli uomini ammassati in condizioni igieniche precarie scoppia un’epidemia di colera. 

Il 16 dicembre due navi, la “Dante Alighieri” e l’”America” salpano da Valona la prima con 1997 prigionieri, la seconda con 1787, più gli equipaggi. A bordo non c’è alcuna assistenza sanitaria: sulla “America” c’è un solo medico per quasi duemila persone. Nei giorni e nelle settimane successive seguiranno altri imbarchi, su navi italiane e francesi, l’ultimo l’8 marzo. In queste condizioni, la traversata, che dura diversi giorni, è un calvario. Dei 24 mila prigionieri che partono all’Asinara ne arriveranno vivi meno di 16 mila. E il calvario non termina con l’arrivo nelle acque dell’isola. Poiché l’esercito sta lavorando all’ampliamento del lazzaretto e alla costruzione di qualche struttura in muratura, le navi sono costrette a restare in rada per giorni e giorni. I morti vengono gettati in mare, ma quando sono troppi le imbarcazioni riprendono il largo per andare a scaricarli in mare aperto. Per settimane il mare restituirà sulle coste della Sardegna settentrionale centinaia di cadaveri. Alcuni verranno avvistati perfino al largo della Gallura, un centinaio di chilometri più ad est.

Per quelli che si sono salvati le condizioni di vita sono tremende, tra il freddo, la mancanza d’ acqua e di cibo…il che porterà molti prigionieri alla pazzia. Molti vengono portati nel manicomio di Sassari.

A chi visita oggi l’Asinara non è offerto molto sulla memoria di quella tristissima pagina della prima guerra mondiale. C’è l’ossario, ci sono le statue e la chiesetta di Campo Perdu, ma, a differenza di quel che si è fatto per la colonia penale e il carcere, non c’è un museo che documenti quella pagina di storia, che pure meriterebbe di essere considerata come una lezione sulla follia della guerra. 

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